Nebbiolo 100%
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Pensavamo che il lento e irrefrenabile declino del Dolcetto fosse orma irreversibile perchè, nonostante le cure che gli sono state somministrate con le modifiche alle DOC che celano il fuorviante il nome del vitigno tutto a fare dei luoghi (Diano d’Alba, Dogliani, Ovada), non ci riusciva di assaggiarne di qualità superiore, i Dolcetto succosi e generosi che in passato ci hanno entusiasmato. Le annate con le quali si è aperto questo ultimo decennio, poi, tutte un po’ problematiche quando non difficili, hanno penalizzato l’ottimale maturazione di queste uve con il risultato di demotivare i produttori e deprimere l’interesse del pubblico. Per fortuna le cose sono cambiate e, negli ultimi tre millesimi, i Dolcetto hanno ritrovato smalto e vitalità con aromi intriganti e trame mature e consistenti. Questo Sorì Pradurent 2016 di Claudio Alario ci pare abbia raccolto tutto il meglio che questo vitigno riesce a esprimere quando non ci si perde d’animo e il clima non rema contro.
Sentori di tartufo bianco, terra e aromi balsamici. Un palato di frutto terroso, foglie e terreno umido. Tannini delicati, buona struttura. Migliorerà nel 2016.
Questo vino ha un forte aroma di asfalto, davanti al rosso maturo e bacche più scure. Al palato è abbastanza felpato e maturo con un po’ di fluidità e dolcezza nel finale. Bere o invecchiare.
Aromi molto presenti di mirtillo, more e cioccolato fondente. Corpo pieno, solido e ben bilanciato dai tannini. Sentori di limone amaro, cedro. Un po ‘di caffè leggero. Vino giovane che ha bisogno di qualche anno per migliorare. Sarà meglio nel 2019.
Un Barolo molto raffinato e delizioso con sentori di noci, bacche e nocciole. Corposo, ma raffinato, stupendo. Questo dimostra classe e complessità. Chiaramente meglio del 2010. Da bere o invecchiare.
Viel dunkle, dunkle und dunkle Schokoladenfrucht mit einem Hauch von geröstetem Eichenholz. Voll und weich. Schon lecker
Polvere di porcini con frutti scuri e terra al naso. Corpo pieno, con tannini vellutati che diventano astringenti e un finale ricco. Cenni di legno e corteccia. Vino succoso, serve tempo di ammorbidirlo. Meglio nel 2015.
Questo vino ha aromi di frutti rossi maturi con un retrogusto catramato, cedro, noci, tabacco ed erbe aromatiche. Al palato ha un sapore succoso e maturo, di frutta scura, si fondono in un finale morbido.
Un vino profumato con molti sentori di fragola. Aromi e Sapori floreali. Corpo medio, tannini fini e finale fresco. Da bere sia subito che più avanti.
Un vino corposo, bello con bacche secche, cioccolato e sfumature speziate. Corpo e tannini molto eleganti. Meglio nel 2017. Ma perché aspettare?
Frutti rossi maturi, noce dolce e cacao al naso. Speziato e terroso con uno sentore di tostato. Tannini secchi e complessi. Meglio nel 2016
Aromi affascinanti di frutta secca, prugne secche, funghi secchi. Anche molto legno nuovo. Pieno corpo, con tannini gommosi e ha retrogusto di rovere tostato. Ha bisogno di tempo per riunire il tutto. Meglio in 2015.
Un grande rosso succoso, con confettura di prugne e cioccolato. Corpo pieno, con tannini rotondi, sentori leggermente tostati retrogusto di quercia. Meglio nel 2013.
Per qualcuno, l’uso piuttosto liberale del legno nuovo potrebbe risultare fastidioso, io sono colpito dalla ricchezza del frutto e dalla maturità dei tannini. È pieno e molto generoso. Riassaggiatelo dopo il 2013.
Note Varie: Claudio Alario sembra sempre sorpreso quando telefono per fissare l’appuntamento della degustazione: spero di non essere l’unico giornalista che sale da Valle Talloria a Diano d’Alba per assaggiare. Primo, perchè Diano stessa è una bella terra e il suo Dolcetto è un vino che merita più attenzione (anche se pochi, arrivano a livello del Costa Fiore). Secondo perchè il discorso non finisce mica qui: ci sono Barbera e Nebbiolo impeccabili nonchè il migliore Barolo in assoluto di Verduno.
L’azienda agricola ha un secolo sulle spalle, ma le prime etichette sono arrivate solo nel 1988, quando Claudio Alario ha deciso di mettere in pratica i concetti enologici studiati a scuola. Il primo decennio di attività è stato dedicato pressoché esclusivamente al Dolcetto di Diano, con grandi soddisfazioni sia di mercato sia di critica, poi c’è stato il nuovo passo in avanti, quello verso il Barolo. Questo deriva da due valide posizioni assai diverse: più strutturato e impegnativo il Sorano (Serralunga d’Alba), più morbido e fresco il Riva Rocca (Verduno). Il Barolo Sorano, che spesso ha rappresentato la punta di diamante della batteria, viene quest’anno superato dall’ottimo Barolo Riva Rocca 2010, che si distingue per un ventaglio aromatico che spazia dalle erbe officinali all’eucalipto, con una beva avvolgente e senza cedimenti. Molto interessanti le tre versioni di Dolcetto, con una leggera preferenza verso la freschezza nervosa del Sori Costa Fiore 2013
Non sempre le aziende incluse in Guida ci possono regalare novità, ed è giusto che sia così, visto che in natura non si possono forzare i tempi. Capita però, talvolta, che una cantina presenti un’etichetta nuova. Claudio Alario ha fatto di più e ne ha sfornate addirittura due in un colpo solo. Se poi questi due nuovi prodotti hanno un livello qualitativo alto come quelli del vignaiolo di Diano, allora si può essere molto contenti. Il suo Barolo Sorano 2004 – da una vigna dell’omonimo cru di Serralunga – regala sensazioni complesse di viola, rosa, lampone. In bocca è elegante, con tannini ben in mostra, ma con una facilità di beva interessante e gradevole. Ottimo il suo finale lungo e bilanciato. Il Dolcetto di Diano d’Alba Superiore Pradurent 2006 merita un discorso a parte perché è un vino dalle grandissime potenzialità. Si tratta di una selezione davvero azzeccata, con sensazioni di marasca pepe nero, prugna e un finale armonico, gentilito da un tocco di mandorla amara. I due Diano storici – Costa Fiore e Montagrillo – sono possenti e grintosi, con una materia prima dirompente e di ottima qualità. Su alti livelli il Barolo Riva, da una vigna nel comune di Verduno, che si segnala per l’eleganza. Due bicchieri alla Barbera d’alba Valletta e al Nebbiolo Cascinotto.
La bellissima azienda di Diano d’Alba di proprietà degli Alario anno dopo anno non delude le aspettative: la cantina centra infatti ben cinque vini da due bicchieri, a conferma di una produzione complessiva di alto livello. Dagli otto ettari di proprietà, situati quasi tutti nel comune di Diano, l’azienda produce mediamente 35 mila bottiglie. Fiore all’occhiello di casa Alario è sicuramente il Barolo Riva, vigneto del comune di Verduno; quello del ’97 risulta particolarmente riuscito per l’interpretazione dell’annata. Si comporta molto bene anche il Nebbiolo Cascinotto ’99, caratterizzato dal delicato apporto del rovere nuovo; il rosso offre prevalentemente aromi speziati, che ricordano il cuoio e la liquirizia, mentre in bocca si dimostra austero, con tannini fitti e dolci fino al lungo finale. Tra i due Dolcetto, il Montagrillo ’00 risulta il più pronto: molto scuro al colore, sa di marmellata di lamponi ed erbe secche mentolate; al palato entra morbido e finisce un po’ asciutto. Il Costa Fiore ’00, invece, è più indietro: chiuso e concentrato al naso, dove si avvertono sentori di mirtilli, risulta esplosivo in bocca per densità, ricchezza e morbidezza, malgrado i fitti tannini. Si colloca leggermente al di sotto la Barbera Valletta ’99 che, complice un’annata molto matura, pecca in finezza e sembra aver avuto un eccessivo apporto di legno; il vino, considerando il buon equilibrio gustativo, risulta migliore al palato che al naso.
Solo i vini rossi e solo vini classici delle Langhe per questa azienda nata agli inizi del Novecento, guidata da Claudio, terza generazione. Le prime annate hanno visto la produzione unicamente di Dolcetto, seguito poi da Nebbiolo e Barbera, per giungere nel 1995, al Barolo. I vigneti sono situati nei comuni di Diano d’Alba, Serralunga d’Alba e Verduno. I Dolcetto rimane il vino del cuore di Claudio che ne produce di tre diversi provenienti ognuno da un singolo vigneto. A Corona il Sorì Pradurent 2017, invecchiato in barriques usate, raffinato, dal palato ricco e goloso, con tannini setosi. Tutte le referenze denotano un carattere di eccellenza e i risultati sono evidenti anche con la Barbera Valletta e i Barolo.
Notizie Varie: il Barolo Riva è il primo prodotto da questo talentuoso vignaiolo e, nel 1995 è uno dei migliori della zona. Ma, nell’ impeccabile proposta di tutte le uve classiche delle Langhe, non c’ è vino che si distingua per forza, precisione e grande qualità della materia prima.
Notizie Varie: Claudio Alario inizierà la produzione di un Barolo dalla vigna Riva di Verduno, una bella notizie per tutti coloro che stimano i bei vini di questo appassionato e capace vignaiolo: Ottima Barbera e Dolcetto fra i migliori delle Langhe fatto riconosciuto dal prestigioso “Wall Street Journal” negli Stati Uniti, segno forse che quando un vino è veramente buono anche i finanzieri lo riconoscono.
A Diano, nella tipica cascina da azienda ad economia mista, dove accanto alla viticoltura prosperano allevamento e coltivazioni di cereali, la famiglia Alario opera da decenni, con dedizione tutta langarola. Tradizionalmente le uve dei vigneti di dolcetto, nebbiolo e barbera (in circa 4 ettari di proprietà) erano in massima parte vendute, mentre la parte vinificata in proprio era commercializzata come sfuso. Da due anni a questa parte però il giovane Claudio, che ha affiancato il padre Matteo nella conduzione dell’azienda dopo aver conseguito il diploma di agrotecnico, ha deciso di tentare la via dell’imbottigliamento e della commercializzazione diretta, per valorizzare appieno il prodotto che le belle posizioni di Costa Fiore e Cascinotto gli offrono. Lo ha fatto lavorando con il massimo dello scrupolo e della serietà: rigorosa limitazione delle rese agendo sia in fase di potatura che in vendemmia; vinificazione condotta con tutti i crismi (leggi controllo della temperatura, filtraggi misurati, rinnovamento dell’attrezzatura di cantina). Infine, cosa che non guasta, ha regalato una bella veste alle sue bottiglie. Il risultato di tutto questo sono due vini che rappresentano una delle gradite sorprese di quest’anno: un Dolcetto di notevole struttura, di colore e profumo intensi, molto gradevole alla beva; ed un Nebbiolo corposo e pieno, di carattere deciso, molto caratteristico. Claudio è dunque partito con il piede giusto: siamo certi che in futuro usciranno da questa cantina (che per ora sforna circa 6000 bottiglie all’anno) altre piccole gemme come queste.
La cantina di cui prese le redini nel 1988 Claudio Alario è stata ampliata e ammodernata ma, soprattutto, va segnalato l’ingresso in azione del giovane Matteo. Lo stile enologico bada molto alla pienezza e alla ricchezza gustativa, come si può apprezzare sia nelle versioni di Dolcetto di Diano d’Alba sia in quelle a base di uva nebbiolo. Come ben prova anche il Barolo Riva Rocca che, pur provenendo dalle delicate vigne di Verduno, mostra sempre una notevole grinta tannica. Vini solidi e affidabili, da provare. Bacche nere e mandorla amara nel gradevole Sorì Montagrillo ’18; molto fruttato il Sorì Pradurent ’17 che si avvale di un delicato passaggio in legno, e particolarmente robusto il giovanile Sorì Costa Fiore ’18. Tannini ben presenti ma non astringenti nel vanigliato Riva Rocca ’15, già di sicura piacevolezza e appena carente di freschezza il pluripremiato Barolo Sorano ’15. Piacevoli note di piccoli frutti rossi e un tocco di rovere nel gustoso Nebbiolo d’Alba Cascinotto ’17
Le mani di Claudio Alario portano i segni lasciati dalla zappa e dalle forbici da potatura e ne va fiero, anche oggi che è sempre più aiutato dall’ intraprendente figlio Matteo fresco di studi ma già ben attivo sia in vigna sia nella bella cantina ristrutturata ed ampliata. Questa azienda è meritoriamente nota, al di qua e al di là dell’oceano, per le sue proposte di Dolcetto di Diano d’Alba: potente e intenso il Pradurent, affinato in legno, più fruttato e denso il Costa Fiore, da viti molto vecchie, fragrante e immediato il nitido Montagrillo. Risultati di rilievo anche con le due etichette di Barolo. A partire dal Sorano, che nel 2014 riesce ad esprimere raffinati tocchi di lampone su sfondo di rovere appena accennato; la bocca è dotata di una pregevole e godibile polpa fruttata. Buona strutta e legno in evidenza nel Riva Rocca della stessa annata. Gli altri vini della casa non erano ancora imbottigliati al momento delle nostre degustazioni, per cui ne parleremo l’ anno prossimo
Il Dolcetto di Diano d’Alba è sempre stato tenuto in alta considerazione dai produttori delle Langhe, in quanto ha caratteristiche fruttate di piacevole intensità e al palato è ricco di polpa, quasi masticabile. Claudio Alario ne è stato ed è tuttora uno dei più sicuri e intraprendenti. Pari perizia è dedicata la Barolo imbottigliato per la prima volta nel 1995, proveniente da vigneti nei comuni di Serralunga d’Alba (dal cru Sorano) e Verduno (Riva Rocca). Lo stile aziendale è volto alla franchezza alla bevibilità e alla piacevolezza, con un uso molto misurato del legno. Pregevole classicità nel Barolo Sorano ’13, già molto espressivo nelle sue note di liquirizia e china con una bocca importante e strutturata di preciso equilibrio, altrettanto armonico e nitido il più delicato Barolo Riva Rocca ’13. Grande struttura nel tannico Dolcetto di Diano d’Alba Sorì Pradurent ’15, mentre più avvolgente e immediato il fruttato Sorì Montagrillo ‘ 16.
Nato viticoltore, Claudio Alario ha dato ben presto prova di essere anche un abile maniere, realizzando con pregevole tenuità vini ricchi di frutto, sempre puliti e godibili grazie ad affinamenti mai troppo invasivi. E, dopo pochi anni in cui ha dimostrato di produrre uno dei migliori dolcetti di Diano d’Alba, ha fatto il salto verso il Barolo, acquisendo vigneti nei cru Riva Rocca a Verduno e Sorano a Serralunga d’Alba. Il tutto mantenendo sempre prezzi amichevoli, facendolo apprezzare anche sui mercati esteri. Potente e incisivo il polposo Sorì Costa Fiore ’15, destinato a ingentilirsi e armonizzarsi nei prossimi mesi di bottiglia. Appena più evoluto e vegetale il Sorì Pradurent ’14, mentre offre una piacevolissima freschezza fruttata il Sorì Montagrillo ’15, decisamente ancora molto giovane. Il raffinato Barolo Riva Rocca ’12 offre un’importante speziatura olfattiva e al palato gioca più sull’eleganza che sulla potenza
Il Dolcetto di Diano ha sempre dovuto lottare per affermarsi, soprattutto a causa di denominazioni più famose legate a Dogliani e Alba, oltre che per una generale confusione determinata da un sistema di denominazioni molto farraginoso e poco comunicabile al consumatore. Resta certo che il Dolcetto di Claudio Alario ha una vitalità, un frutto e una godibilità da far invidia a tanti nomi più celebri, come hanno ben colto i mercati esteri, che assorbono la quasi totalità della sua produzione. Ottimi risultati su tutta la linea, dalla Barbera al Nebbiolo, passando per una riuscita esperienza ormai ventennale sul Barolo. Gradevolmente fresco e ricco di sfumature il profumato Sorì Costa Fiore, un Dolcetto tra i più riusciti della vendemmia 2014. Più strutturato e impegnativo il Sorì Pradurent ’13, lievemente segnato dall’affinamento in legno. Meritoria prestazione del Nebbiolo d’Alba Cascinotto, ricco di materia ed elegante nei profumi. Struttura contenuta e bella franchezza in entrambe le selezioni di Barolo.
In poco più di vent’anni di attività Claudio Alario si è imposto con sicurezza come uno dei più autorevoli produttori di Dolcetto di Diano, grazie soprattutto ai risultati costantemente pregevoli della selezione Costa Fiore. Negli anni è però cresciuta la voglia di misurarsi con la tipologia più importante delle Langhe, il Barolo, per cui sono stati acquisiti nuovi vigneti all’interno di questa denominazione, tra cui primeggia per struttura e complessità il Sorano di Serralunga d’Alba. Prezzi decisamente competitivi nelle selezioni di Dolcetto. Apriamo con due vini di pregevole fattura, i Barolo Riva Rocca e Sorano, entrambi 2007. Il primo, di un bel rubino scarico, rivela note di spezie dolci e canfora; sul magnifico palato mostra tutta la sua freschezza e tannini decisi ma non graffianti. Il Sorano ha un’unghia granata più marcata; è meno intenso del precedente, ma altrettanto interessante nelle note di tabacco e fiori secchi. Ottima prova del Dolcetto di Diano d’Alba Costa Fiore ’10, tipico nei suoi sentori di frutta nera e mandorla; la bocca è potente e di grande finezza. Il Montagrillo ’10 è caratterizzato invece da un finale un po’ verde. Da elogiare anche la Barbera d’Alba Valletta ’09: bacche rosse, tabacco e legno ben dosato.
Claudio Alario si conferma come esponente di spicco del territorio di appartenenza, .in sicuro interprete dell’essenza dianese del vitigno dolcetto, con caratteristiche che rappresentano un ideale compendio tra le denominazioni d’Alba e Dogliani. Da picco-i appezzamenti di Serralunga e Verduno ottiene anche due versioni molto convincenti di Barolo, Sorano e Riva, che si distinguono per la grande bevibilità e la naturale armonia. Il Barolo Sorano ’05 (da un vigneto a circa 300 metri di altitudine che ricade nei comuni di Diano e di Serralunga) si offre ampio, elegante e classico, con china, liquirizia e fiori secchi; la bocca succosa e lunga è da manuale: raggiunge così per la prima volta i Tre Bicchieri. Appena più tostato e fruttato il godibile Riva dello stesso anno, ricco di polpa ma con il legno ancora presente. Ottima la Barbera Valletta della grande annata 2007, con richiami di prugna e rovere ben amalgamati in un corpo imponente. Tra i Dolcetto, tutti validi, spicca il Costa Fiore ’08: il naso è un perfetto connubio tra le classiche note fruttate dell’uva dolcetto e un complesso sfondo di terra bagnata; la bocca è potente e ricca di polpa.
Claudio Alario lo conosciamo. Sappiamo bene quali sono i suoi “tormenti” estivi, quando noi reclamiamo i campioni per i nostri assaggi e, regolarmente, Claudio ci riferisce che i suoi tempi di imbottigliamento non coincidono con i nostri. Che fare? Non molto, in realtà. I due percorsi – quello della critica enologica e quello produttivo delle aziende – non devono condizionarsi a vicenda, dunque a noi non resta che assaggiare vini con l’occhio il più possibile aperto sulle evoluzioni future, e ai produttori accettare con fiducia e serenità le valutazioni che andiamo di volta in volta a formulare Ottimi, semplicemente, puntualmente ottimi i due Dolcetti di Claudio: se il Costa Fiore è un’esplosione di frutti rossi, sottobosco, terra bagnata e, in bocca, di polpa e succosità, il Montagrillo ragiona di più i termini di sapidità, asciuttezza misurata de tannino e persistenza gusto-olfattiva. Se sono grandi adesso, con cinque minuti e bottiglia, possiamo ben immaginarli tea qualche mese o anno… Su alti livelli gli altri vini: una Barbera acida, un Nebbiolo austero e un Barolo rotondo
La prestazione della batteria dei vini di Claudio Alario presentata quest’anno, seppure ridotta rispetto alle altre edizioni della Guida, è molto valida. Purtroppo non ha visto la luce il Barolo che, in questa cantina come in molte altre di Langa, non è stato prodotto a causa delle pessime condizioni climatiche del 2002. L’azienda, ancora di stampo classicamente contadino – tutta la famiglia è impegnata nella gestione dei vigneti e della cantina -, dispone di 10 ettari vitati in alcuni dei migliori cru di Diano Montagrillo e Costa Fiore per il Dolcetto, Cascinotto per il Nebbiolo e Valletta per la Barbera -, di Verduno – Rive per il Barolo e di Serralunga d’Alba – Sorano, sempre per il Barolo. Iniziamo la disamina dei vini assaggiati cori i due Dolcetti di Diano d’Alba del 2005: ottimo il Costa Fiore (20mila bottiglie), che al naso esprime sentori di frutta rossa, ben supportate da una nota minerale di grafite; in bocca è ricco e composto, con il finale assai succoso. Più vinoso al naso il Montagrillo, che in bocca è austero e tannico con una piacevole vena ammandorlata finale. Da manuale la Barbera Valletta del 2004 che, sfruttando al massimo il millesimo, centra le nostre finali. Frutta rossa matura, terra bagnata e aromi affumicati pervadono il naso, mentre in bocca ha carattere e acidità succosa e invitante. Meno convincente il Nebbiolo Cascinotto 2004, austero e tannico, con il legno ancora troppo evidente.
Claudio Alario è uno dei produttori di Diano che, con maggiore continuità, riesce a conquistare riconoscimenti sulle pagine della nostra Guida. Tutto questo in forza di un grande impegno profuso nei 10 ettari vitati di proprietà, ma anche in cantina, dove passa giornate intere a sperimentare le migliori soluzioni per i suoi vini. Tra l’altro, abbiamo avuto la fortuna di assaggiare dalle barrique il suo nuovo Barolo 2004, proveniente dal cru Sorano di Serralunga, che alla prima impressione pare avere ottime prospettive. Le bottiglie prodotte in totale aggirano sulle 50mila unità, di cui più della metà sono di Dolcetto. Quest’anno abbiamo apprezzato in particolare il Barolo Riva 2001, frutto dell’omonimo cru di Verduno, che al naso presenta note di frutta rossa ben amalgamata a profumi di vaniglia e cioccolato rilasciati dalla lunga provenienza in piccole botti. Al palato ha un tannino vellutato, succoso e piacevole. Il Diano d’Alba Costa Fiore ai vertici della sua categoria ha colore rosso quasi impenetrabile all’olfatto rilascia note di mora, di mirtillo e ribes, in bocca è morbido e lineare con una pienezza che conquista. Si difende egregiamente il Nebbiolo d’Alba Cascinotto, austero e profumato; un po’ sottotono rispetto al passato il Diano d’Alba Montagrillo ancora leggermente chiuso al naso.
Eccoci a commentare una nuova e convincente prova dei vini di Claudio Alario. Stiamo parlando di una delle aziende che da più tempo si stanno mettendo in luce nel panorama produttivo dianese. Diano d’Alba ha una peculiarità nel quadro enologico di Langa: una sezione (minima, per la verità) del suo territorio rientra nella zona di produzione del Barolo, mentre la superficie vitata principale è destinata al Dolcetto, che qui ricade sotto la Doc Diano. Infine, queste colline sono da sempre vocate anche per la Barbera d’Alba. Sono queste le tre tipologie in cui l’esperienza e la capacità di Claudio si esprimono su livelli qualitativi motto buoni. Il Barolo Riva 2000 si dona austero e potente. Il naso sulle prime appare ancora chiuso nella sua irruenza giovanile, con sentori di legno che via via sfumano liberando la materia sottostante. Emergono allora note terrose e speziate ben fuse con il frutto. In bocca è rotondo, sostenuto da un tannino robusto, con lunga chiusura. Ottimi i due Diano, tipologia in cui Alario eccelle. Noi preferiamo di poco il Costa Fiore: ha colore rosso impenetrabile e naso profondo, con cenni netti e sequenziali di mora, mirtillo e prugna; in bocca avvolge il palato, facendoci ritrovare le sensazioni olfattive e chiudendo lungo e armonico. Il Montagrillo dona nuance di frutta nera su un fondo di mandorla. In bocca è morbido, lineare, ben condotto sui toni della bevibilità. Risentono lievemente dell’annata piovosa Nebbiolo e Barbera 2002: se il primo supera la soglia della correttezza grazie alla robustezza del vitigno, la seconda non riesce ad andare oltre.
Claudio Alario si mette in luce nel panorama del comprensorio dianese per la costanza qualitativa dei suoi vini. Già noto da tempo per le ottime selezioni di Dolcetto (che qui si fregia della denominazione Diano d’Alba), Claudio si sta facendo sempre più apprezzare anche per altre tipologie langarole, prime tra tutte il Barolo. In attesa di assaggiare, il prossimo anno, la nuova etichetta, proveniente dal cru Sorano di Serralunga, ecco arrivare dal vigneto Riva di Verduno la migliore versione mai prodotta da questa azienda: il 1999 è davvero grande, sontuoso ed elegante. Il colore è rosso-rubino scuro con unghia granata il naso sprigiona intense note di caffè spezie dolci e liquirizia; in bocca si sviluppa armonico e potente, senza cedimenti lungo tutto l’iter gustativo caratterizzato da tannini morbidi. Il finale è di impressionante Lunghezza e armonia. Più semplice il Nebbiolo Cascinotto, tutto giocato su toni fini e fruttati piacevolmente morbido ed equilibrato. La Barbera Valletta sfrutta al meglio l’ottima esposizione Sud-Est del vigneto per donarsi fragrante e vellutata. Passata la tipologia principale della zona, il Dolcetto di Diano (o semplicemente Diano d’alba) confermiamo quanto già espresso in passato: Claudio è uno dei più felici interpreti, come dimostrano queste due selezioni tratte dal millesimo 2002. Costafiore e Montagrillo non risentono dell’annata difficile e si donano profumati, puliti e complessi. Il primo è austero con nota ammandorlata spiccata e notevole tannicità;il secondo ha naso di mirtilli e frutta nera e convincente corrispondenza gusto-olfattiva
Claudio Alario, abile vignaiolo di Diano Alba, conduce una pregevole azienda agricola che conta otto ettari di vigneto, con ben due appezzamenti a nebbiolo da Barolo: uno nel comune di Verduno, da do-;e ottiene il Barolo Riva, e l’altro nel cru Sorano a Serralunga, che andrà in produzione nel 2004. Da quest’anno, poi, Claudio ha incrementato gli ettari a Diano d’Alba, acquisendone due nella sottozona Pradurent, dove sarà prodotto un nuovo Dolcetto. Questi vigneti si trovano tutti in ottima esposizione e offrono uva di pregiata qualità che Claudio sa tramutare in vini eccellenti. Si parte con l’affascinante Barolo Riva, che nel ’98 si presenta austero, con profumi di liquirizia e rosa selvatica e con una bocca potente dai tannini dolci e setosi. Tra i Dolcetti di Diano la differenza è minima, anche se il Montagrillo 2001 (6.000 bottiglie) è più pronto e invitante alla beva. Il Costa Fiore del 2001, invece, è ancora piuttosto compatto e al naso esprime sentori di mirtilli e di lamponi; in bocca è esplosivo e denso, con il lungo finale caratterizzato da una nota di mandorla. Molto bene anche la Barbera Valletta del 2000, proveniente da un vigneto esposto a sud-est che guarda la Valle Talloria. Il colore è granata intenso e i profumi sono netti, con frutta e vaniglia ben amalgamati; la bocca è potente, solo leggermente segnata da legno sul finale. Profumi complessi, con note di liquirizia e grafite, pervadono l’elegante e austero Nebbiolo d’Alba Cascinotto del 2000. Un vino di grande fascino, che esalta al meglio le caratteristiche dei nebbioli prodotti nelle denominazioni al confine con il Barolo.
Otto ettari di terreno per 35 mila bottiglie: questi i numeri dell’azienda che Claudio Alario, con i genitori e la moglie, conduce con passione. Ecco gli ingredienti per il successo: esaltazione dell’identità dei vitigni, valorizzazione dei vigneti e rese basse per favorire la completa maturazione delle uve; in cantina uno stile moderno che tende a esaltare il frutto e a dare rotondità gustativa con macerazioni brevi e l’uso del legno piccolo (o dell’acciaio nel caso del Dolcetto). I due Diano sono entusiasmanti per ricchezza e fragranza. Il Costa Fiore ha un colore granata impenetrabile, con un naso che offre percezioni di mora, ciliegia, fieno fresco e cacao su un intrigante fondo minerale; in bocca la stoffa copiosa e la struttura grintosa danno vita a un gioco di forze che portano a un lungo finale incentrato sull’accordo tra fruttato e speziato. Il Montagrillo, intenso alla vista, evidenzia note erbacee e di mandorla; in bocca rivela il suo notevole spessore procedendo solido, con tannini che donano volume al lungo finale. Un altro vino riuscito è la Barbera Valletta: di colore rubino-granata fittissimo, al naso si offre profonda e complessa, con percezioni di mora e ribes affiancate a tocchi di menta, pasta di mandorle e foglia di fico; in bocca è grossa, larga, ma mai molle o volgare; il finale si rivela lungo e composto. Il Nebbiolo Cascinotto regala note di cuoio e rosmarino che impreziosiscono un frutto ben espresso e una bocca in crescendo, con tannini nobili e fusi su un finale che riverbera suggestioni di liquirizia. Il Barolo Riva, vino molto ben fatto, si caratterizza per notevole struttura e finezza.
Il moderno stile di Claudio Alario fa leva sulla ricca morbidezza dei profumi, sulla concentrazione della stoffa e su un sagace uso del legno; il tutto in un quadro tecnico che non può prescindere dalla ricchezza della materia prima. Il Dolcetto Costa Fiore, ad esempio, offre un colore granata molto fitto; al naso regala dolci note di confettura di frutta nera che fanno da splendido contrasto con le asciutte sfumature di caffè e tostatura; tocchi di resina e vaniglia, poi, donano al tessuto olfattivo di questo vino un’ampiezza assolutamente particolare. Al gusto si avverte la stessa sontuosa trama, impostata su una struttura solida e fatta di tannini vigorosi che danno solidità al persistente finale. Il Nebbiolo Cascinotto non è molto diverso: ha colore rubino intenso e giovanile; al naso offre percezioni di spezie dolci, eucalipto, tostatura e confettura; la stoffa è ricca e la progressione gustativa cresce via via, grazie al vigore dei tannini e alla lunghezza del finale. La novità è costituita da un Barolo, il Riba, che presenta un colore rubino-granata intenso; il naso verte sui toni dolci del caramello, della crema al caffè, del lampone e su lievi sfumature animali; al gusto, il vino mostra pienezza di corpo e di struttura, con un lungo finale au-stero, dai toni di cacao e frutta. Un bicchiere pieno, infine, sia alla Barbera Valletta, dalla bocca appena nervosa, sia al sostanzioso Dolcetto Montagrillo.
Claudio Alario, che vanta la meritoria capacità di conferire ai propri prodotti un’invidiabile costanza qualitativa anche in annate difficili, ha saputo cogliere l’occasione di vendemmie favorevoli (come la ’96 e la ’97) per sfornare una serie di vini di notevole pregio. Così i due bicchieri assegnati l’anno scorso a entrambi i Dolcetto ’96 si rinnovano col millesimo ’97, aggiungendosi a quelli conquistati dalla Barbera ’96: lo “score” totale è di tutto rispetto. La punta di diamante di questa felice produzione risulta senz’altro il Dolcetto Costa Fiore: esso presenta un fitto colore rubino granato cupo e un naso, complesso e affascinante, con percezioni di ciliegia nera, ribes, liquirizia e pepe su un quadro olfattivo corale e armonico. In bocca il vino non è da meno: l’attacco gustativo, sontuoso e concentrato, annuncia una progressione larga e continua, sorretta dalla solida ed elegante struttura polifenolica e conclusa da un finale composito e appagante. Il Montagrillo, di poco inferiore, si presenta con un concentrato colore rubino granato associato ancora a giovanili ricordi violacei al bordo; il naso evidenzia note di fragola e ciliegia mature, erbe di campo, geranio e mandorla; la ricca beva viene sostenuta da una vena acidula appena nervosa e da un finale asciutto e fruttato. La Barbera Valletta si presenta fitta alla vista e accattivante all’olfatto (sentori di ribes, mora, pepe e vaniglia); al gusto è piena, tonda e di carattere morbido, ravvivato da una grintosa vena tannica avvertita nel finale fruttato e speziato. Il Nebbiolo Cascinotto merita “soltanto” un bicchiere pieno: il vino propone note di viola, vaniglia e caffè e una beva sicura e piacevolmente graffiante
I vini di Claudio Alario ci convincono sempre di più: in special modo i due Dolcetto di Diano, che trovano in questa cantina una delle massime espressioni della tipologia; il loro stile abbina eleganza ed equilibrio a una struttura e concentrazione fuori dal comune. Si tratta, in definitiva, di vini godibili da subito, ma che non temono di invecchiare nel tempo. Nella nuova cantina allestita da poco – ma sono in vista altri lavori di ampliamento – riposa anche il futuro Barolo delle annate ’95 e ’96 che Claudio lascia affinare in barrique dopo aver raccolto le uve di quasi un ettaro di vigna nel comune di Verduno. Ma veniamo al Dolcetto Montagrillo, che già dal colore cupo e impenetrabile lascia presagire un vino di grande impatto; e infatti offre un ventaglio di sensazioni aromatiche che vanno dal fruttato al floreale riscontrabili sia al naso che in bocca; qui i tannini dolci e setosi avvolgono una materia sostanziosa e godibilissima. Questo grande Dolcetto viene superato di un’inezia dal Costa Fiore, in grado di estrarre ancora più complessità e profondità da un terreno e un’esposizione particolarmente felici. La Barbera Valletta e il Nebbiolo Cascinotto provengono da un’annata meno importante del ’96 e mostrano meno struttura dei due Dolcetto: sono comunque entrambi molto ben vinificati, con un accorto dosaggio del legno nuovo, e meritano ampiamente l’assegnazione del bicchiere
Che le cose in Langa stiano andando piuttosto bene, nonostante le ultime annate, è evidente: si costruiscono nuove cantine, si acquistano macchinari sempre più innova- vi, sorgono nuove aggregazioni di produttori, ma soprattutto i buoni nomi si riconfermano. E ciò vale senz’altro per Matteo Alario e per la sua azienda: sei ettari di vigne, curati con estrema puntigliosità, sulle colline di Diano d’Alba e una cantina ben attrezzata per produrre non più di 25.000 bottiglie all’anno. Dalla teoria ai fatti. Il Cota Fiore si conferma come uno dei migliori Dolcetti di Diano sul mercato: violaceo, intenso, brillante, lungo, vinoso, fruttato; nonostante la vinificazione in acciaio, presenta eleganti note vanigliate. Anche il Montagrillo, da terreni più argillosi e meno ventosi, conseguentemente un po’ più duro e asciutto, si esprime a livelli simili, con buon brio, equilibrato e con ottima corrispondenza naso/bocca: fatto proprio per smentire quelli che sostengono “il Dolcetto non dura”. La Barbera ha un’accattivante bevibilità, con colori intensamente violacei e sentori di frutta rossa ad accompagnare un gusto vellutato, vanigliato, con gradevole vivacità della componente acida: bell’esempio di uso oculato della barrique. Anche il Nebbiolo conferma il buon livello della cantina: di colore tra il rubino e il granata, presenta un’intensità che anticipa la concentrazione dei profumi (frutta cotta e rabarbaro) e la buona struttura delle sensazioni gustative, con esemplare equilibrio tra la morbidezza e l’astringenza. Non resta che attendere il Barolo di prossima uscita: se i risultati saranno simili a quelli fin qui descritti, il nuovo vigneto a Verduno saprà convincere anche i più scettici.
Claudio Alario gestisce in proprio la sua piccola azienda, nella quale segue direttamente tutte le fasi di lavorazione, dalla coltivazione alla vinificazione, sino all’imbottigliamento di tutti i prodotti. Questa cantina ha saputo affermarsi negli anni passati per gli ottimi risultati ottenuti dai suoi Dolcetto di Diano d’Alba: le due versioni del vino principe di Claudio Alario, che portano i nomi dei cru Costa Fiore e Montagrillo, per la non eccelsa qualità dell’annata ’92 non verranno imbottigliati. La scelta di vendere i due prodotti sfusi dimostra dunque la serietà e la correttezza di questa cantina, che spera in un buon 1993 per poter tornare sul mercato con i due vini in bottiglia. Intanto Claudio prosegue il proprio impegno con grande volontà, prestando particolare attenzione al lavoro in vigna (principalmente con l’obiettivo di diminuire le rese) e adottando in cantina le tecniche più moderne. come il controllo della temperatura. In degustazione ci ha impressionato in modo particolare la Barbera d’Alba Valletta, interessante anche per il prezzo. Alla vista si rivela di colore rosso rubino; al naso presenta un profumo franco, elegante e persistente, con sentori di felce e fieno. L’ingresso in bocca, infine, è vigoroso, di corpo pieno, con sensazioni retrogustative molto fini e gradevoli. Un bicchiere pienamente meritato per un vino che sicuramente crescerà ancora con le prossime vendemmie.
L’acquisto di un mezzo ettaro di vigneto da Barolo è la realizzazione di un sogno. Claudio e Matteo Alario, che hanno l’azienda fuori da questa docg, soddisfano così il desiderio coltivato per anni e originato da una sfrenata passione per il nebbiolo. Tale dedizione al vitigno fino ad oggi si è riversata nel Nebbiolo d’Alba, con lusinghieri risultati. Il loro Cascinotto è uno dei miglior: ha un colore molto vivo e al naso propone densi aromi varietali di prugna e di pesca uniti a un legno dolce; in bocca sfodera tutta la morbidezza di cui è capace un nebbiolo ben vinificato, con una gradevole e lunga persistenza. Il Nebbiolo Langhe è un vino non altrettanto espressivo, dal colore più leggero e dai profumi più tenui, ma allo stesso livello di piacevolezza, grazie all’equilibrio e alla lunghezza delle sensazioni gustative. La Barbera possiede la pulizia degli odori che caratterizza tutti i prodotti dell’azienda, anche se l’uso del legno può essere ancora migliorato. In bocca li corpo riesce a contenere un’irruenta acidità, dando al vino struttura oltre a un buon impatto. Interessante è il confronto fra i due Dolcetti, che differiscono solo per la composizione del terreno e l’esposizione del vigneto. Il Costa Fiore è a sud-est su un terreno argilloso: il risultato di quest’anno è un vino dal colore evoluto, piuttosto freddo nella manifestazione degli aromi e leggero in bocca. il Montagrillo è a sud-ovest, su terreno più calcareo: coerentemente il vino sviluppa una maggiore ampiezza olfattiva, con freschi sentori di marasca, mentre in bocca ha una viva acidità e manca solo di un’adeguata persistenza per raggiungere risultati di rilievo
Claudio Alario ha proprio imboccato la strada giusta. Anche se continua a sognare una vigna di nebbiolo da Barolo, forse memore delle sue origini lamorresi, il suo obiettivo è molto più concreto e preciso: dare giusta dignità al Dolcetto di Diano, a suo dire screditato soprattutto per le eccessive produzioni. Claudio persegue tale obiettivo con esemplare caparbietà, curando personalmente ogni aspetto della vigna e della cantina, senza cedimenti neppure nelle annate difficili. Come è logico aspettarsi, tale perseveranza non può non portare i suoi frutti. Dopo una annata disastrosa come il ’92, nella quale il Dolcetto non era stato imbottigliato e le produzioni di Nebbiolo e Barbera avevano richiesto una selezione grappolo per grappolo, l’annata ’93 rappresenta per il Dolcetto, nelle due versioni Costa Fiore e Montagrillo, la giusta affermazione. Ottenuti entrambi con rese molto basse (50 quintali per ettaro) e vinificati in acciaio, si differenziano il primo per la concentrazione, l’equilibrio e l’eleganza, il secondo per le sensazioni più astringenti e gradevolmente fruttate. Anche la Barbera ’92 risulta ben fatta nonostante l’annata: derivata da una vigna molto vecchia con rese intorno ai 30 quintali per ettaro, soffre di una leggera carenza strutturale, ma le sensazioni gustative sono quelle tipiche del vino, sapientemente armonizzate da un affinamento in legno ben dosato. Da se-gnalazione, infine, sono i due Nebbioli, dei quali il Cascinotto, derivato da terreno più argilloso, risulta maggiormente carico e complesso sia all’olfatto (note di viole e fragola) sia al palato.
Claudio Alario continua a gestire lo sviluppo della sua piccola azienda avendo ben chiari in mente gli obiettivi da raggiungere: una sua grande aspirazione è quella di acquisire vigneti da Barolo in una delle zone maggiormente vocate delle Langhe; nel frattempo ha messo in commercio per la prima volta quest’anno una Barbera e un Nebbiolo affinati in barrique, senza per questo diminuire le attenzioni per il Dolcetto di Diano, prodotto storico dell’azienda. La costante crescita di questa cantina è testimoniata dal passaggio dalle 3.000 bottiglie prodotte nel 1988 alle attuali 20,000: si tratta in massima parte di Dolcetto, proveniente da 4 ettari di proprietà, più una piccola quantità di Nebbiolo e Barbera. I due cru di Dolcetto si rivelano entrambi convincenti anche nell’annata ’91, con una particolare nota di merito per il Montagrillo, da penetranti profumi di amarena e frutti rossi sorretto da una buona acidità, ricco in estratti e grado alcolico, con un piacevole gusto finale di liquirizia. Interessanti già fin dalla loro prima edizione sono i due vini affinati in barrique. La Barbera Valletta riceve dal terreno parte delle caratteristiche tip, che del Dolcetto: colore intenso, profumi fruttati, gran corpo; necessita di ulteriore affinamento, per armonizzare i sentori vanigliati del legno con la potente acidità tipica del vitigno e la ricchezza degli estratti; è un vino che sicuramente darà grandi soddisfazioni a Claudio Alario. Convince anche Nebbiolo Cascinotto (che verrà prodotte solo nelle migliori annate), in cui il dosaggio del legno nuovo appare ben equilibrato in rapporto ai profumi e alla struttura de vino.
Claudio Alario continua a gestire lo sviluppo della sua piccola azienda avendo ben chiari in mente gli obiettivi da raggiungere: una sua grande aspirazione è quella di acquisire vigneti da Barolo in una delle zone maggiormente vocate delle Langhe; nel frattempo ha messo in commercio per la prima volta quest’anno una Barbera e un Nebbiolo affinati in barrique, senza per questo diminuire le attenzioni per il Dolcetto di Diano, prodotto storico dell’azienda. La costante crescita di questa cantina è testimoniata dal passaggio dalle 3.000 bottiglie prodotte nel 1988 alle attuali 20,000: si tratta in massima parte di Dolcetto, proveniente da 4 ettari di proprietà, più una piccola quantità di Nebbiolo e Barbera. I due cru di Dolcetto si rivelano entrambi convincenti anche nell’annata ’91, con una particolare nota di merito per il Montagrillo, da penetranti profumi di amarena e frutti rossi sorretto da una buona acidità, ricco in estratti e grado alcolico, con un piacevole gusto finale di liquirizia. Interessanti già fin dalla loro prima edizione sono i due vini affinati in barrique. La Barbera Valletta riceve dal terreno parte delle caratteristiche tip, che del Dolcetto: colore intenso, profumi fruttati, gran corpo; necessita di ulteriore affinamento, per armonizzare i sentori vanigliati del legno con la potente acidità tipica del vitigno e la ricchezza degli estratti; è un vino che sicuramente darà grandi soddisfazioni a Claudio Alario. Convince anche Nebbiolo Cascinotto (che verrà prodotte solo nelle migliori annate), in cui il dosaggio del legno nuovo appare ben equilibrato in rapporto ai profumi e alla struttura de vino.
La scelta di vinificare, imbottigliare, etichettare, vendere il vino prodotto nella bella azienda di famiglia, in quei quattro ettari di vigna siti in località Diano d’Alba, si è rivelata per Claudio Alario una scelta molto indovinata. La tradizione di famiglia, come spesso succede in Langa, voleva che le uve fossero vendute ed il poco vino prodotto, commercializzato sfuso; anche perché l’economia mista di una tipica azienda langarola (allevamento, coltivazione della vigna e cereali) lascia poco spazio alla cura della cantina. Claudio ha invece deciso di fare il salto di qualità cominciando a lavorare tra i filari, abbassando le rese e adottando poi in cantina le tecniche più moderne come il controllo della temperatura. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: il Dolcetto e il Nebbiolo sono di ottima beva e si aggiudicano punteggi elevati. Quest’anno riconfermiamo il bicchiere al Dolcetto Costa Fiore ’88 che si è rivelato un vino interessantissimo, dai profumi lievi ma decisi e dal gusto morbido e vellutato. Altro bicchiere al Nebbiolo delle Langhe Cascinotto: un vino fresco e rotondo, facile alla beva e di ottima godibilità. Segnalazione invece al Dolcetto Montagrillo, forse ancora troppo magro e anonimo. Un punteggio persino troppo avaro ma che lieviterà senz’altro se l’azienda avrà la costanza di insistere su questa strada.
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